mercoledì 23 settembre 2009

Metti in circolo il tuo amore

Benvenuti nel mio blog.
Ecco un'omelia di don Roberto Seregni riguardante il brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci tratto dal Vangelo secondo Matteo. Vorrei rendervi partecipi anche di una frase che ho sentito quest'estate a Loano nel corso di un'omelia tenuta da un frate proprio su questo miracolo di Gesù; eccola: "Con questo miracolo, il Signore ci vuole dire: "Vedi che se impari a condividere, anche tu sei capace di fare i miracoli?"" A sentire questo, mi sono così stupito che la frase me la sono stampata nel cranio. Non so voi...ma io ci credo ed è per questo che ho deciso di scriverla qui condividendola volentieri con voi.
Tornando all'omelia di don Roberto; la riporto fedelmente traendola dal sito della Sua parrocchia invitandovi, nel contempo, a dare una sbirciatina ai links preferiti.

E...c'è anche l'archivio blog. Il mio primo post si intitola "Saluto" ed è in agosto 2009.
Ciao e alla prossima.
Tanino

Vangelo: Mt 14,13-21

14 Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15 Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. 16 Ma Gesù rispose: “Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare”. 17 Gli risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci! ”. 18 Ed egli disse: “Portatemeli qua”. 19 E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. 20 Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. 21 Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.



Qualche giorno fa sono andato in una libreria di un centro commerciale e la mia attenzione è stata attirata da un particolare che fino ad ora non avevo mai notato. Accanto agli scaffali con i romanzi, le favole e i saggi c'è una zona enorme tutta dedicata alle ricette e ai libri di cucina. Mi sono detto: come siamo affamati!
Sì, probabilmente è proprio così. Siamo davvero affamati! Ci abita una fame a cui spesso non sappiamo nemmeno dare un nome, vogliamo colmare quel vuoto che ci abita, desideriamo zittire quel bisogno che ci lascia inquieti e mai soddisfatti di quello che viviamo. Il più delle volte, però, ci accaniamo su cose che non possono saziare il nostro desiderio. Di quante inutilità ci riempiamo la casa... Quante promesse di felicità vengono puntualmente disattese... Quante volte appendiamo la nostra vita ad appigli che si rivelano fragili e inconsistenti... Anche il grande Isaia, nella prima lettura, pone questo interrogativo: "Perché spedente denaro per ciò che non è pane?" (Is 55,2)
Un ragazzo, qualche settimana fa', mi diceva che ha vissuto per anni come un maratoneta, sempre alla ricerca di nuove emozioni che potessero colmare il suo vuoto o almeno farglielo dimenticare. Divertimenti sfrenati, viaggi senza meta, sesso, droga, alcol... Ma niente ha colmato quel bisogno. E ora?
Ora ascolta il Rabbì di Nazareth. Ha qualcosa da dirti. Anche Lui sa che hai fame, anzi Lui lo sa più di tutti!

Certo, cinque pani e due pesci sono un po' poco per cinquemila uomini. Ma non importa! Gesù non pesa, non misura, non calcola secondo i nostri criteri. Tu porta tutto davanti a Lui e stai pronto!
Le sue mani prendono, benedicono, spezzano e donano. I verbi sono gli stessi dell' Eucaristia, la cena del Signore. Sono i verbi che indicano la circolarità dell'amore, la non chiusura nel possesso, l'apertura alla condivisione e al dono. Questo è il pane che sazia la nostra fame! Questo è il cibo che riempie la nostra vita di verità e di bellezza! Siamo fatti per Dio e solo Lui può saziarci, il resto ci lascia a bocca asciutta.
Mi permetto di sottolineare che da nessuna parte in questo testo - ma nemmeno negl'altri Vangeli - troviamo il verbo "moltiplicare". Il vero miracolo su cui l'evangelista vuole attirare la nostra attenzione, non è il gesto magico di Gesù che con una bella formuletta riempie le ceste di fragranti pagnotte. Il vero miracolo è la condivisione, è il pane spezzato che sazia la fame di chi ascolta la Parola, è la logica nuova dell'amore e della fraternità che libera dalla schiavitù del possesso e dall'ansia della conquista.

Coraggio: metti in circolo il tuo amore e buona settimana!

Il decalogo del missionario comune

Navigando nel sito dell’oratorio Sacro Cuore di Tirano, dove presta la sua opera don Roberto Seregni, ho trovato questo “decalogo” che sono lieto di condividere con voi. Naturalmente questo testo compare anche in altri siti cattolici.


Il decalogo del missionario comune

Il missionario comune è il cristiano che vive pienamente la dimensio­ne missionaria della propria fede dovunque si trovi e nella vita di ogni giorno: in famiglia, nella professione, nella comunità ecclesiale e civi­le, nell'impegno sociale e politico.

1. Il missionario comune fa proprio il grande ideale che ha unifi­cato tutta la vita di Paolo: «Purché Cristo sia annunciato». Naturalmente le modalità di questo annuncio possono essere diverse, ma resta sempre la ragione che sollecita la propria testimonianza.

2. Il missionario comune annuncia un vangelo che aggrega. Ama la sua Chiesa e invita gli uomini a farne parte. Tuttavia non annuncia anzitutto la sua Chiesa, ma il Signore Gesù.

3. Il missionario comune porta un annuncio che salva. Sa che il bisogno più profondo dell'uomo è l'incontro con Dio, e sa che Gesù Cristo è la piena risposta a questo bisogno.

4. Il missionario comune si impegna per la liberazione di tutto l'uomo: dal peccato, dalla fame e dall'oppressione, e anche da quel troppo benessere, ingiusto e sciupone, che distrae da Dio e rende cie­chi di fronte ai poveri.

5. Il missionario comune è un uomo serio, e vuole una salvezza vera, non finta. Perciò non si accontenta di curare i sintomi, ma scende alle cause. Non si accontenta di offrire quegli aiuti che lasciano i poveri in una perenne situazione di dipendenza, ma fa di tutto per renderli pro­tagonisti. Ed è convinto che anche per questo debba essere annunciata ai poveri la lieta notizia dell'amore di Dio: una notizia che aiuta gli umi­liati della terra a ritrovare la loro insopprimibile dignità, condizione necessaria per alzarsi in piedi e rifiutare ogni soggezione.

6. Il missionario comune vive l'universalità evangelica, fatta insieme di stabilità e mobilità. Solidarizza senza risparmio con le situazioni in cui vive e con le persone che gli sono accanto. E nel contempo è insoffe­rente verso ogni chiusura: dagli schemi culturali al linguaggio, dai pro­blemi alle persone. Ha il gusto dell'incontro con il lontano e il diverso.

7. Il missionario comune si preoccupa di tutti. Se si trova in una casa, è attento a tutti i membri della famiglia. Così in parrocchia, nella scuo­la, nella fabbrica e in ogni altro ambiente. Il missionario comune solle­cita in tutti i modi la sua comunità (diocesi, parrocchia, consiglio pasto­rale, gruppo) a valutare i problemi e a prendere le decisioni in un'otti­ca universalistica. Il missionario comune suscita, sostiene, collabora a tutte le iniziative volte ad intrecciare relazioni con le altre chiese e con gli altri popoli.

8. Il missionario comune ricorda che Gesù è partito dagli ultimi mostrando che la prima universalità è la solidarietà con gli ultimi. In una società spesso indifferente, il missionario comune si accorge prontamente degli ultimi, spesso nascosti.

9. Poiché annuncia una verità che non è ovvia, ma critica, il mis­sionario comune - che intimamente è uomo di pace - suscita reazio­ni e contrasti. E questo lo addolora, ma non lo ferma. Trova il corag­gio dell'incomprensione e della solitudine nella comunione con il Padre (Gv 16,32) e nella solidarietà dei fratelli.

10. Il missionario comune è consapevole del dovere della coerenza, ma non ha l'angoscia della coerenza, perché non pone nella propria coerenza il diritto di annunciare, ma nella fedeltà del Signore che a questo lo chiama. Del resto, egli non parla mai di se stesso, ma solo di quanto Dio ha fatto per tutti. E così può parlare anche se peccatore.



prof. don Bruno Maggioni
Docente di Introduzione alla Teologia, Milano Università Cattolica