sabato 29 agosto 2009

Le labbra e il cuore

Cari amici, voglio condividere con voi il commento al Vangelo di domani 30.8.09 a cura di don Roberto Seregni per sua gentile concessione. I suoi commenti settimanali li potete ricevere via e-mail andando sul sito della sua parrocchia e iscrivervi. Se volete solo leggerli di volta in volta, date un'occhiata nei links preferiti.
Buona riflessione.

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (30/08/2009)
Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23

Dopo la lunga parentesi estiva in compagnia dell’evangelista Giovanni, la liturgia ci riporta tra le pagine del primo evangelista.
Ci troviamo davanti ad una accesa discussione tra Gesù e i vertici della cultura religiosa ebraica, i farisei e gli scribi. Il dibattito è acceso e vale la pena chiarire subito che al centro della discussione non sta la validità o meno di alcune pratiche religiose, ma la verità del rapporto con Dio. Cioè: il problema non è “se” e “come” devo lavarmi le mani prima di mangiare, ma se guardo a Dio come un ispettore dell’A.S.L. o come un Padre che si prende cura di me.
Gesù critica il formalismo vuoto e sterile dei farisei, condanna la loro presunzione di poter programmare la relazione con Dio, di incasellarla in una schema fisso di “dare-avere”. La casistica esasperata dei farisei, la loro ricerca di sicurezza tradotta in pratiche rituali, soffoca la novità, la bellezza e la fantasia di Dio.
Gesù vuole riportare ordine e smascherare le false certezze religiose che conducono nel vicolo cieco dell’ autocelebrazione idolatrica, non certo alla conoscenza del Dio vivo.

C’è una frase di questo brano, che Gesù riprende da Isaia, che continua a ronzarmi per la testa: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.” (v.6).

L’attualità disarmante di questa Parola mi lascia senza fiato…

E’ proprio vero: le nostre comunità vivono quotidianamente la fatica di dare cuore e corpo alla Parola. Le labbra fanno grandi proclami, ma i piedi non sanno seguire le esigenze della sequela. Le labbra annunciano grandi slanci di generosità, ma le mani sono ancora chiuse nel possesso. Le labbra cantano le lodi di Dio, ma le orecchie non sono pronte a custodire la Parola.

Proviamoci, cari amici! Proviamo a fare un passo nuovo, fresco e intelligente verso Lui. Scopriremo che Lui ne ha già fatti mille verso di noi.

venerdì 28 agosto 2009

Oltre

Quante volte Signore,
Ti ho perso
e quante Ti ho incontrato.

Dietro l’angolo di ogni storia,
una parte di Te
che si fa vicina.

Non capisco dove sei!
Ho bisogno di capire,
non mi basta sapere che esisti.

Ho necessità di incontrarTi,
parlarTi, incuriosirmi,
tuffarmi nell’abisso
del mistero della mia vita
dove il sogno si fonde
nell’immagine di un amore senza fine.

Andare oltre,
possederTi Sapienza
mai scoperta abbastanza.

Là dove le luci diventano chiare,
arderò come candela eterna
nella pace di un cuore non più stanco.


Tratto dal sito: http://www.anfibologna.it/

Vorrei offrirti

Vorrei offrirti, Signore, la mia vita
con tutto il bagaglio d’umanità,
vorrei offrirTi il mio cuore inquieto
che Ti cerca tra le mille illusioni della vita.
Semplicemente, Signore, ho da offrirTi
la mia piccolezza d’uomo
che a volte non trova la rotta per arrivare a Te.

Signore, mi sforzo di entrare dalla porta stretta,
ma è difficile, mi sento esausto di combattere
la battaglia della vita contro me stesso.
So Signore che Tu mi ami da sempre
e mi hai cercato per le strade polverose della vita
camminando con me,
so Signore che Tu sei Padre
e tutto quello che mi circonda
è dono del Tuo amore incondizionato,
so Signore che mi aspetti davanti alla porta di casa
per fare festa tutte le volte che ho il coraggio di alzarmi e cercarTi.

Signore, a volte mi perdo nei crocicchi delle strade
e mi sento terribilmente solo ed angosciato.
Ti chiedo, Signore, di essere la Stella radiosa del mattino
che orienta il mio cammino verso il porto sicuro di Dio.

Fa’ che fra le tempeste della vita
Tu, Stella del mattino che non conosce tramonto,
mi indichi la rotta per casa di Dio dove,
insieme ai miei fratelli,
siederò alla Tua mensa nel banchetto senza fine.
Amen


Tratto dal sito: http://www.anfibologna.it/

Quanto costa un sorriso?

Che bello sarebbe se tutti imparassimo a sorridere più spesso! Voglio condividere con voi questo bel branetto sul sorriso. Per me, il sorriso è uno dei regali più belli della vita.



Un sorriso non costa nulla e produce molto.
Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante ma nel ricordo può essere eterno.

Nessuno è così ricco da poterne fare a meno
e nessuno è così povero da non meritarlo.

Creatore di felicità in casa, negli affari è sostegno.
E' il segno sensibile dell'amicizia profonda.

Un sorriso dà riposo alla stanchezza, allo scoraggiamento,
nella tristezza è consolazione.
Rinnova il coraggio, è l'antidoto naturale alle nostre pene.

E' un bene che non si può comprare, ne prestare, ne rubare,
poiché solo ha valore nell'istante in cui si dona.

E se poi incontrerete chi l'aspettato sorriso a voi non dona,
siate generosi e date il vostro, perchè nessuno ha tanto bisogno
di un sorriso come colui che non sa darlo.

L. FABES

I miei due spiccioli

Partecipo volentieri agli incontri sul Vangelo che si tengono in alcune famiglie della mia parrocchia. Il giorno dopo uno di questi, ho appostato un mio commento sul sito parrocchiale alla rubrica “forum”; ora lo ripropongo anche sul mio blog. Inizio riportando il brano evangelico oggetto di riflessione:

Dal Vangelo secondo Marco Cap. 12 vv 38-44

Gli scribi giudicati da Gesù

38 Diceva loro mentre insegnava: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave”.

L’obolo della vedova

41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.



I MIEI DUE SPICCIOLI

Ciao e ben ritrovati nel forum. Ieri sera a casa di Angela e Gennaro ho partecipato all’incontro della fortunata serie “Il Vangelo in famiglia” e devo dire che il titolo è proprio azzeccato…mi sono sentito “in famiglia”. Ho avuto modo di conoscere Sonia con la quale ho piacevolmente conversato al termine dell’incontro scambiando con lei il proposito di inviarci delle e-mails con allegati costruttivi. E’ bello questo sistema perché, grazie a internet, diventiamo dei ricevitori e al tempo stesso dei diffusori di cose carine che fanno pensare e che contribuiscono a farci crescere insieme con gli altri sulla strada del bene.
Fatta questa premessa, passo a raccontarvi un po’ questa mia esperienza ed inizio col dirvi che qualche giorno fa ho chiesto a don Gianfranco il tema della serata ed egli mi ha risposto: il brano dell’obolo della vedova tratto dal Vangelo di Marco, capitolo 12, versetti dal 38 al 44. Se riesco, lo riporto in fondo. E’ un brano che ho letto diverse volte e ogni volta che rileggo un passo evangelico c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, da meditare, da vivere. Anche in questa occasione, il Signore mi ha offerto l’opportunità di guardarmi dentro e di far emergere, condividendole con gli altri, le mie povertà, i miei limiti, le mie “zone d’ombra”. Scoprirle per me è di importanza fondamentale perché è proprio da queste che Gesù parte per farmi intraprendere un nuovo cammino …e ogni volta è un ricominciare. Ecco perché sono catechista da 30 anni e non mi sono ancora stancato anzi, spero che questo non mi accada mai se non per precisa volontà di Dio di chiamarmi ad altri servizi nella Sua Vigna; a me il compito di lasciargli aperta la porta del mio cuore anche se, lo confesso, non mi è sempre facile. In certe occasioni, sento molto vicina la figura di Pietro quando, sprofondando nel mare del dubbio, si è beccato del “uomo di poca fede” da Gesù ma è stato subito da Lui tratto in salvo perché Lui, il nostro Signore, non ci lascia mai soli: è sempre con noi e si fa più vicino proprio nei momenti in cui non lo sentiamo e rimaniamo soli con le nostre paure.
Tornando alla nostra amica vedova, una dei miei “maestri di vita”, posso dire, come ho detto in seno al gruppo, che essa, donando i suoi due spiccioli, ha fatto come quel ragazzo che, con fede, ha messo nelle mani di Gesù, tramite gli Apostoli, quei 5 pani d’orzo e quei 2 pesci che rappresentavano la sua riserva di cibo. Dobbiamo tenere presente che all’epoca spossessarsi della propria riserva di alimenti era molto rischioso e poteva significare una sorta di “lascia passare” per l’altro mondo. Il ragazzo ha preferito la via della fiducia in Dio rendendo così possibile un grande miracolo che ha visto coinvolte 5000 persone senza contare le donne e i bambini e ci sono stati anche gli avanzi, particolare tutt’altro che trascurabile perché l’amore di Dio…va sempre oltre!
Durante la serata è emersa anche una qualità di questa vedova:l’umiltà. Non per niente don Gianfranco ha anche toccato la beatitudine della povertà in spirito che consiste nel sentirsi sempre bisognosi dell’aiuto di Dio; per contro, il sentimento di autosufficienza non fa che allontanarci da Lui e quindi anche dagli altri e…da noi stessi. Nel confronto ha fatto capolino anche la figura del pubblicano che se ne stava “in fondo alla chiesa” e da lì chiedeva perdono a Dio per i suoi peccati.
A questo punto voglio aggiungere che nessuno è così povero da non avere nel suo cuore almeno i suoi “due spiccioli” da condividere con gli altri fratelli. Nessuno può, quindi, dire di non aver niente da offrire né a Dio né a chicchessia perché la solidarietà, come è stato detto anche ieri sera, non si misura in base all’entità di ciò che viene offerto ma dall’intenzione di chi dona. Ci penserà poi il Signore a “moltiplicare” a vantaggio di tutti ciò che noi, con fede, doniamo.
Abbiamo compiuto, dopo la preghiera conclusiva, un gesto molto significativo: ciascuno di noi ha posto un seme in un vaso di terra quale gesto di fiducia in Colui che da sempre ci ama.
Ora mi rendo conto che ho veramente approfittato della vostra pazienza; se siete riusciti a leggermi fin qui, siete veramente bravi! Vi chiedo perdono dicendovi di offrire questo fardello al Signore. Anche se manca ancora molto, avete diritto ad un buono sconto per la prossima quaresima.
Prima di congedarmi da voi voglio farvi partecipi di una cosa che ieri sera, tornando a casa dopo l’incontro, mi ha veramente sorpreso: non avevo più in tasca i miei due spiccioli…ma tanta gioia nel cuore.
Un forte abbraccio e una preghiera per la nostra Grande Famiglia.

Tanino

Le luci in chiesa

“Una catechista chiese ai bambini quali luci ci fossero in chiesa, uno rispose i lampadari, un altro le candele, altri il lumino del tabernacolo e le finestre, infine un bambino alzò la mano e disse:”gli occhi delle persone”.

Io l’ho visto il volto trasfigurato delle persone: il volto di colui che dopo la riconciliazione ha ricevuto Cristo, il volto degli sposi cristiani aperti alla vita anche nelle difficoltà, il volto del malato terminale che abbraccia la sua situazione ripetendo un “si” quotidiano, il volto del bimbo che ritrova il sorriso nella nuova famiglia nonostante la guerra l’ha reso orfano; ho visto ed ho rivisto tanti volti trasfigurati, ma ho potuto vederli solo perché anche io mi sono lasciato trasfigurare!!“

Bruno Ferrero

Messaggio di tenerezza

Più di 30 anni fa un mia amica catechista mi ha consegnato un foglio con questo “Messaggio”. Mi è piaciuto molto. Ho perso quel foglio ma ho ritrovato il testo in internet ed ora lo voglio condividere con voi:.

MESSAGGIO DI TENEREZZA

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
apparivano due orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi punti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore.

Ho domandato, allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?".

Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:

i giorni in cui tu hai visto solo un'orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".

~ Margaret Fishback Powers ~

Cosa impara il bambino?

Voglio condividere con voi questi "preziosi consigli” poiché mi sono serviti e mi servono tuttora avendo dato vita con la mia carissima moglie a 4 figli. Purtroppo uno di questi, a 3 mesi e mezzo di gestazione, è “volato” tra le braccia di Gesù. L'avremmo chiamato Emanuele.

IL BAMBINO IMPARA CIÒ CHE VIVE

Se vive nel rimprovero,diverrà un intransigente.
Se vive nell'ostilità,diverrà un aggressivo.
Se vive nella derisione,diverrà un timido.
Se vive nel rifiuto,diverrà uno sfiduciato.
Se vive nella serenità,diverrà più equilibrato.
Se vive nell'incoraggiamento,diverrà più intraprendente.
Se vive nell'apprezzamento,diverrà più comprensivo.
Se vive nella lealtà,diverrà più giusto.
Se vive nella chiarezza,diverrà più fiducioso.
Se vive nella stima,diverrà più sicuro di sé.
Se vive nell'amicizia,imparerà ad amare con gioia ed ottimismo.



Fra qualche istante, quando uscirò da questo mio blog, dirò un preghiera per tutti i genitori ed educatori del mondo.

Il Nome di Dio

Tempo fa, nel reparto di oncologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma morirono a distanza di pochi giorni due bambini, Vincenzino e Mohamed, un italiano di religione cattolica e un iracheno di religione islamica. Una scrittrice di favole per bambini, Lauretta, che da anni fa volontariato in quel reparto, scrisse in quell’occasione una favola.


IL NOME DI DIO

— Sei pronto, Vincenzino?— chiese con voce dolcissima l’Angelo che era entrato in quel momento nella stanza del bimbo, all’ospedale
— Sì! — rispose il bambino e aggiunse: Andiamo da Dio, vero?
L’angelo assentì col capo. Vincenzino mise fiducioso la sua manina in quella dell’angelo. Insieme lasciarono l’ospedale, la città addormentata sotto una coltre di stelle, la terra verdazzurra e si inoltrarono lungo le vie del cielo, scintillanti di luce. Il bimbo saltellava al fianco dell’angelo, quando, all’improvviso, si sentì chiamare:
— Vincenzino, dove vai? Aspettami!
Si voltò indietro e vide venire verso di lui il suo amichetto Mohamed, compagno di tanti giochi, là in ospedale. Anche Mohamed era affiancato da un angelo che indossava una veste candida, stretta in vita da una fascia d’oro.
Sapendo che Mohamed era venuto da lontano per curarsi e che era in ospedale solo con il papà, Vincenzino domandò:
— L’hai detto al tuo papà?
— No, l’ho lasciato inginocchiato sul tappeto della preghiera. M’è sembrato il momento migliore, per partire. Sono sicuro che Allah saprà consolarlo, dettargli le risposte giuste in fondo al cuore.
— Allah? — domandò Vincenzino con stupore — E chi è Allah?
Mohamed scoppiò in una risata. Quella risata argentina che lo contraddistingueva e che gli faceva brillare i grandi occhi scuri.
— Allah è Dio!
— No, Dio si chiama Trinità — ribatté Vincenzino — Ne sono sicuro perché me l’ha detto mio padre.
— Anch’io sono sicuro che si chiama Allah, me l’ha detto mio padre — disse Mohamed.
Poiché l’autorità di un papà non si mette in discussione, i due bambini dovettero concludere:
— Ma allora il tuo Dio non è uguale al mio!
— Questo vuol dire che gli angeli non ci stanno portando dalla stessa parte! — realizzò in un istante Vincenzino e aggiunse: Io non voglio vedere la Trinità, senza di te!
— Neppure io voglio vedere Allah, senza di te!
Per fortuna, gli angeli stavano conversando amichevolmente tra di loro. Un’occhiata d’intesa passò tra i due bambini che fecero dietrofront e si nascosero in mezzo a un banco di nuvole.
— Adesso dobbiamo cercare un posto dove stare insieme — disse Mohamed.
Mano nella mano, il piccolo musulmano e il piccolo cattolico si incamminarono su una strada lastricata di turchesi.
Cammina cammina arrivarono in vista di una città le cui porte erano di zaffiro e di smeraldo, le mura di pietre preziose e le torri di oro purissimo.
— Quella è la casa di Dio! — esclamò Vincenzino. Del mio Dio — precisò poi.
— No, quella è la casa del mio Dio — disse convinto Mohamed.
— Ma se è come quella del racconto della Bibbia che mi leggeva la nonna a casa, la sera! — disse Vincenzino, quasi piagnucolando.
— Non è possibile, guarda: ci sono due giardini con frutta, palme e melegrane. E anche due fonti zampillanti: è tutto proprio com’è decritto nel libro del Corano.
— Scommetti che è la casa del mio Dio? — disse Vincenzino.
— Scommetti che è la casa del mio Dio? — disse Mohamed.
Così dicendo, i due bambini corsero verso l’ ingresso principale davanti al quale stavano due Angeli, in candide vesti.
— Abita qui la Trinità? — domandò Vincenzino.
— Sì — rispose uno dei due angeli, sorridendo.
Per nulla convinto, Mohamed domandò:
— Abita qui Allah?
— Sì — rispose l’altro angelo, con un identico sorriso.
— Andiamo a vedere di persona — disse Mohamed, che era un tipo pratico. Forse il tuo Dio e il mio Dio abitano nella stessa casa.
Con grandissimo stupore, Vincenzino e Mohamed dovettero constatare che c’era un solo Dio, seduto sul suo trono sfavillante di luce.
— Tu sei Trinità? — domandò il piccolo cattolico.
— Sì, lo sono.
— Tu sei Allah? — domandò il piccolo musulmano.
— Sì, lo sono.
— Ma allora hai due nomi! — constatarono i bambini, stupefatti.
— Non solo due, ne ho molti di più! — disse Dio, divertito — Mi chiamano persino Caso, Natura, ma sono sempre io!
— Senti — disse Mohamed, il tipo pratico — non si potrebbe chiamarti con un nome solo, visto che tu sei solo Uno? Così, tanto per non fare confusione.
— Chiamatemi Amore — disse Dio, stringendosi al petto il piccolo cattolico e il piccolo musulmano.

venerdì 21 agosto 2009

Guida al Sacramento della Riconciliazione

Un giorno sono entrato nella Chiesa di Santa Francesca Cabrini in Lodi e ho trovato un pieghevole contenente un sussidio per la Confessione. Lo voglio condividre con tutti voi...eccolo:


GUIDA AL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

Nessuna azione che un uomo possa compiere è davvero neutra: inevitabilmente, o coopera al bene o è contro di esso.
Ma chi stabilisce qual è il bene? Per il credente, il codice morale viene da Dio: i comandamenti non sono divieti o restrizioni; rappresentano, invece, la segnaletica che il Padre ci offre perché percorriamo la via verso una Vita alta, votata alla giustizia e alla nostra realizzazione autentica. In essi, si articola il precetto fondamentale dell’amore, amore per il Signore e per i fratelli. Misurare seriamente e onestamente sui comandamenti la nostra condotta significa soltanto confrontarci con Dio, lasciarci dire da Lui dove e perché i nostri pensieri, le nostre parole ed i nostri gesti non sono serviti alla costruzione del regno ma hanno sterilmente obbedito a povere logiche umane.


L’ESAME DI COSCIENZA: IL CORAGGIO DEL SILENZIO.

Nel Libro della Genesi (3,9) Dio rivolge a Adamo la domanda “Dove sei?”. Ma Adamo prefigura ciascuno di noi: a ciascuno di noi Dio chiede “Dove stai, dove ti trovi, che stai facendo dei tuoi giorni?” Per rispondere è necessario il coraggio del silenzio; dobbiamo saper sostare, guardarci dentro, cercare risposte magari difficili, ma sincere.
La confessione chiede come premessa irrinunciabile una parentesi di deserto: Per la nostra modernità piena di suggestioni, si tratta di una sfida. Ma certamente vale la pena di vincerla: fermarsi, lasciarsi chiedere “dove sei?”, riflettere su ciò che si fa e su perché lo si fa, riconoscere la propria condizione e sottoporla al giudizio misericordioso di Dio: tutto questo può apparire strano, eppure rappresenta un’occasione preziosa, forse l’unica, per sfuggire il rischio di una corsa senza consapevolezza e di una spiritualità pericolosamente trascurata.
Per tutto questo, prima di accostarti al sacramento della Riconciliazione, dimentica la fretta, riappropriati del tuo scenario interiore e ascoltati nella tranquillità di chi non fugge né se stesso né Dio.


UN’ULTIMA NOTA.

Come apparirà evidente, la presente “guida” non ha la forma interrogativa tipica dei testi di preparazione al sacramento della riconciliazione.
A seconda della tua età e del tuo stato di vita, riprendi i punti che senti più adatti al momento che attraversi e partendo da essi prepara una confessione sincera e davvero rispondente alle esigenze della tua spiritualità.

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1° Comandamento. Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altri dei di fronte a me.

“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Matteo, 22,37)

Riconoscere Dio come Signore, Signore della mia vita; dargli la preminenza, farne l’ispiratore delle mie scelte, ogni volta chiedermi “… e Dio?” non è facile. La seconda parte del comandamento indica però una condizione essenziale: avere il cuore sgombro da altri idoli. Se non servirò altri, se sarò libero da miti quali successo, denaro, potere, autoaffermazione, efficienza, potrò cercare di servire Lui, di orientare a Lui il mio modo di essere. Quali incalcolabili conseguenze avrebbe la frase “Tu sei il Signore Dio mio” se davvero cercassimo di darle attuazione …


2° Comandamento. Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio.

“Non esca dalla vostra bocca nessun discorso cattivo” (S. Paolo agli Efesini, 5,29)

Il nome rende riconoscibile, individua, designa: non offenderemmo mai il nome di una persona che ci è cara. Eppure quello di Dio è spesso sulla nostra bocca per motivi banali, o addirittura viene asservito all’ottusa volgarità della bestemmia. “Sia santificato il tuo nome”, insegna Gesù nel Padre Nostro. Abituiamoci a santificare il nome di Dio, cioè ad utilizzarlo solo nel momento privilegiato e significativo della preghiera: ci abitueremo a santificare Dio stesso e la vita che ci ha donato.


3° Comandamento. Ricordati del giorno della festa per santificarlo.

“Voi dovete rinascere dall’alto.” (Giovanni, 3,7)

La modernità tende a non distinguere più tempi diversi: tutto sempre uguale, tutto omologato. Si diffonde la mentalità che si possa lavorare anche la domenica. Ma questo disumanizza, toglie senso e sapore all’esistenza. Il cristiano difenda la domenica come “giorno di letizia e di libertà del lavoro”, secondo l’indicazione del Concilio. Salviamo la domenica come occasione per ritrovare la famiglia, la capacità di leggere, riflettere, parlare e pregare. Sforzarsi di elevare il significato del giorno di festa, ponendo al centro la partecipazione sentita, attenta e puntuale all’Eucarestìa, significa arricchire noi stessi, assicurare uno spazio rigenerante alla nostra dimensione spirituale.


4° Comandamento. Onora il padre e la madre.

“Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele” (S. Paolo a Timoteo, 5,8)

Onorare il padre e la madre parrebbe quasi legge naturale, che nelle diverse età trova diversa applicazione: da bambini si tradurrà in obbedienza, poi in rispetto e com-prensione, infine in aiuto, assistenza, sostegno materiale e morale. Ma al posto di “onorare” potremmo leggere il verbo “amare”. Amare, ovvero cercare di capire anche quando mentalità e opinioni divergono; amare, ovvero entrare in dialogo anche quando sbagliamo noi o sbagliano loro; amare, ovvero accettare interamente, con la sapienza del cuore e non secondo le esigenze del mondo.


5° Comandamento. Non uccidere.

“Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, perché tutti da Lui ricevono la vita” (Luca, 20,38).

Molti di noi si ritengono del tutto al sicuro dal rischio di poter uccidere un fratello, e probabilmente hanno ragione. Ma nel “non uccidere” va soprattutto letto un invito imperioso a difendere la vita da ogni forma di suo annientamento, anche lentissimo o non appariscente.
“Non uccidere” è anche non danneggiare il proprio corpo in cambio di gratificazioni effimere utilizzando alcool, fumo o droghe; “non uccidere” è non pronunciare parole o attuare strategie che possano, magari pian piano, avvilire o distruggere l’esistenza di qualcuno; “non uccidere” è rifiutare le logiche di morte sottese ad aborto, eutanasìa, sfruttamento e guerre.


6° Comandamento. Non commettere atti impuri.

“Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile” (Lettera ai Tessalonicesi, 5,23).

Come cercare l’irreprensibilità del corpo? Non certo nella sua mortificazione né, al contrario, in un utilizzo affrettato o egoistico delle sue potenzialità. Gesù ci insegna che l’impuro viene da dentro l’uomo, non abita la sua carne. Commetteremo dunque atti non puri se impuro sarà il cuore, se praticheremo la sessualità senza inserirla dentro un progetto alto: dono straordinario, mezzo privilegiato di espressione dell’amore, essa viene distolta dal suo senso, dalla sua bellezza e dalla sua stessa nobiltà quando vi si ricorre banalmente , per la mera soddisfazione di istinti personali. Irreprensibile non è il corpo muto; irreprensibile è il corpo che da linguaggio all’amore, rispettandone però i tempi e la maturazione. La totale appartenenza reciproca di uomo e donna trova espressione di fronte a Dio e alla comunità nel matrimonio: che anche la sua traduzione simbolica attraverso l’incontro fisico trovi spazio nella vita matrimoniale, senza anticipazioni che rischiano di impoverirne l’intimo significato.


7° Comandamento. Non rubare

“Chi rubava, non rubi più, ma lavori onestamente con le sue mani per farne parte a chi si trova in necessità” (S. Paolo agli Efesini, 4,28)

Anche il furto può sembrare evenienza a noi lontana. Ma esso assume forme diverse: è furto ogni appropriazione indebita di oggetti o, caso più frequente, di denaro. Rubati sono i soldi dell’assenteista, dell’evasore fiscale, del professionista o del commerciante che non rilasciano regolare fattura o scontrino. Rubati sono i soldi di chi sfrutta la propria posizione per “favori” tutt’altro che gratuiti. Purtroppo, è diffusa quella che si potrebbe definire “l’onestà fino ad un certo punto”. Al cristiano viene invece richiesta la limpidezza di una testimonianza molto più alta, che non giustifica la propria parzialità dietro cause o comportamenti sociali.


8° Comandamento. Non dire falsa testimonianza.

“Il vostro parlare sia sì quando è sì, no quando è no: il resto viene dal maligno” (Matteo, 5,28).

Gesù ha detto: “Guai a voi, ipocriti!” La parola è strumento preziosissimo, ma il suo facile e continuo uso nasconde insidie gravi. Fuggire la bugia è dovere del cristiano che ha scelto di essere pulito interiormente. Eppure quante piccole, quasi abituali falsità diciamo! Ingannare, non mantenere le promesse, farne di avventate o frettolose, fingere di pensare una cosa e in realtà dentro coltivare altre idee: sono tutti atteggiamenti di chi non è trasparente, di chi non ha il coraggio della verità. Nel vangelo si legge invece: “La verità vi farà liberi”.

9° Comandamento. Non desiderare la donna d’altri.

“Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Matteo, 5,28)

Le suggestioni che oggi riceviamo dalla pubblicità, dalla televisione, dal cinema, dalla stampa, costringono ad interpretare in maniera estensiva questo comandamento. Il problema è quello di una banalizzazione del desiderio di un estetismo deteriore. L’ostentazione della bellezza del corpo ci bombarda continuamente, serve a strategie di mercato e di vendita. Saper filtrare e circoscrivere gli effetti di una simile azione diventa premessa necessaria ad un controllo intelligente del desiderio. Quanto poi alla nostra quotidianità, e alla possibilità di iniziare relazioni illecite, resta virtù fondamentale la prudenza: proprio laddove attrazione o affinità particolari lasciano intuire l’esistenza del “pericolo”, è bene vigilare da subito. Nella consapevole rinuncia ad occasioni che potrebbero favorire sviluppi difficilmente dominabili, sta la grandezza del cristiano, peraltro chiamato a vivere la fedeltà alle proprie scelte definitive: solo così, cioè sperimentando anche la sofferenza, possiamo realizzare pienamente la nostra vocazione all’amore.


10° Comandamento. Non desiderare la roba d’altri.

“L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali” (S. Paolo a Timoteo, 6,10)

Non solo “non rubare”, ma addirittura “non desiderare”. In un’epoca come la nostra, epoca di desideri indotti con abilità dai padroni del consumismo, l’ammonimento divino suona quanto mai attuale. Se è il desiderio di avere a dominare, fatalmente cala l’attenzione per la sfera dell’essere. Eppure la vera qualità della vita non dipende tanto da ciò che si possiede, quanto da ciò che si è. Non lasciamoci dunque vincere dalle logiche che l’economia vorrebbe imporci. Impariamo a perseguire scelte di sobrietà e di misuratezza: saremo senza dubbio più liberi dalle cose e più capaci di incontrare gli altri.





PREGHIERA

Signore, Tu ci inviti a riconoscere
il male che abbiamo fatto,
Tu ci chiedi di cambiare il nostro cuore,
Tu hai messo dentro di noi
questo desiderio di riconciliazione.
Tu non vuoi umiliarci,
ma ci doni il Tuo perdono di padre,
Il male è in noi, ma abbiamo fiducia in Te:
Gesù ci ha mostrato la Tua tenerezza
e ci ha offerto il Tuo perdono.
Mandaci il tuo Spirito, Signore:
egli apra le nostre orecchie
per ascoltare La tua parola di pace.
Mandaci il tuo Spirito, Signore:
Egli cambi i nostri cuori di pietra
perché con cuore nuovo amiamo come Tu vuoi.
Mandaci il Tuo Spirito, Signore:
Egli schiuda le nostre mani
perché possiamo ricevere il Tuo dono.

giovedì 20 agosto 2009

Amore e libertà

Un uomo un giorno trovò una volpe. Era in fin di vita, ferita da dei cacciatori. L’uomo se ne prese cura e dopo vari mesi miracolosamente la volpe guarì. La volpe era molto grata a quell’uomo: erano diventati perfino amici. Anzi la volpe era diventata la migliore amica di quell’uomo. Ma la volpe guardava ogni giorno fuori dalla finestra: era il richiamo del bosco, ma come poteva lasciare quell’uomo che le aveva dato la vita? In fin dei conti non stava male lì, anzi, ma non era quella la sua casa. L’uomo vedeva la scena tutti i giorni e notava nella volpe la nostalgia del bosco. D’altra parte era molto affezionato a lei, ed erano molti mesi che vivevano insieme. Un giorno, però, si decise: la portò nel bosco e le disse: “Vai, segui il tuo richiamo!”. La volpe lo guardò un’ultima volta e se ne andò. Non la rivide mai più e soffrì molto di questa separazione. Quando raccontò il fatto ad un suo amico, questi gli disse: “Ma perché l’hai fatto?”. E lui rispose, semplicemente: “Per amore”.


Tratto dal sito "Lambarené"

Saluto

Ciao a tutti e benvenuti nel mio blog; spero vi possiate trovare qualcosa di utile per la vostra vita. Tutto ciò che leggerete qui mi è servito per aprire sempre più il mio cuore a Dio e a tutti coloro che incontro. Seguire Gesù è bello e difficile. E' stupendo, credo lo sia anche per voi, ascoltare la Sua Parola d'Amore, di Vita, di gioia piena. Le cose si complicano un po' quando la Parola ascoltata chiede di entrare nella nostra "sala dei bottoni", nel luogo in cui prendiamo le nostre decisioni e cioè nel nostro Cuore. Meraviglioso Dio! Nonostante noi gli voltiamo costantemente le spalle col nostro peccato, Lui non ha mai smesso di amarci fin da quando eravamo ancora nei Suoi pensieri...all'inizio di tutto e ci dona la Sua Parola per dar Vita alla nostra vita.
Da trent'anni, ogni domenica, mi incontro con un gruppo di ragazzi e ragazze delle Medie per scoprire insieme con loro le ricchezze contenute in questa Parola. E' questa un'esperienza per la quale non finirò mai di ringraziare il Signore...è uno dei Suoi tanti doni oltre a quello della vita.
Ora, consapevole di avervi tediato con questa mia presentazione, vi prometto di tediarvi ancor più con quanto apposterò su questo mio blog. Perchè? Perchè siete esseri umani come me e come me anche voi avete bisogno di Amore, bisogno di pienezza di vita...bisogno di Dio.
Allacciatevi le cinture e buon viaggio nel mio blog.
Un abbraccio.
Tanino