lunedì 27 agosto 2012

Gesù è ancora morto?...Convertirsi alla gioia.


Per gentile concessione dell'Autore,  Paolo Curtaz, desidero condividere con tutti voi alcune pagine del suo libro: "L'ultimo si"; Edizioni San Paolo.
Buona meditazione.
Tanino
*********
Gesù è ancora morto?

Risorto, Gesù è vivo, quindi le donne sprecano il loro tempo nel cercare Gesù per imbalsamarlo.
Meditare la passione può davvero suscitare la fede. La meditazione sull'amore che ne emerge, sul volto di un Dio che muore per amore, ha convertito più di un cuore.
Ma,ahimè, non è questa la sola ragione della nostra devozione al crocifisso.
Amiamo il crocifisso, ne siamo coinvolti, turbati, perche tutti abbiamo una ragione per essere tristi, tutti abbiamo una sofferenza da condividere. Ma condividere la gioia è un altro paio di maniche!
Quando incontro qualcuno per strada e mi chiede "Come va?", se dico: "Non molto bene, ho avuto una brutta influenza, sono stato dieci giorni a letto", abitualmente suscito una risposta empatica:
"Anche a me è successo! Sapessi!...". Se invece rispondo "Benissimo, è un periodo fantastico", ricevo come risposta un affrettato sorriso.
E' più difficile gioire per la gioia di un altro, che soffrire per la sua sofferenza.
Perciò, molte volte, la nostra devozione al crocifisso è in realtà, una devozione alla nostra sofferenza proiettata su Dio.
Non voglio banalizzare, amico malato. Quanti sono inchiodati all' altare del dolore sentono davvero di partecipare, come il Cireneo, alla via Crucis del Maestro.
No, fratello, perdonami, non parlo di te, rispetto il tuo dolore.
Parlo di tutti noi, di tutti gli altri, di tutti coloro che si ostinano a cercare un crocifisso, non un Risorto!
Se cerchiamo Gesù morto, amici, sbagliamo indirizzo clamorosamente.
Mi chiedo se l'assenza di Dio, che troppe volte lamentiamo, non sia legata al fatto che cerchiamo un Dio morto e non un vivente. Ci rivolgiamo a Dio, nella stragrande maggioranza delle volte, in caso di necessità dolorosa. Quasi mai ascolto come preghiera un: "Senti Dio, mi sono proprio innamorato e vedo tutto rosa e fucsia; sono pieno di gioia per il mio bambino che sta nascendo; oggi mi sento finalmente bene, vuoi gioire con me?".
Troppo spesso il Gesù in cui crediamo è morto, e noi pensiamo di fargli un piacere portandogli ancora degli unguenti per imbalsamarlo!
Gesù e morto quando lo teniamo fuori dalla nostra vita, morto se resta chiuso nei tabernacoli delle chiese senza uscire in strada con noi, morto se la sua Parola non spacca il mare di ghiaccio che soffoca il nostro cuore. Morto e sepolto quando la nostra diventa una religione senza fede, un quieto appartenere alla cultura cristiana senza che il fuoco della Sua presenza contagi la nostra e l'altrui vita; morto se la fede non cambia la nostra economia, la nostra politica; morto quando ci arrocchiamo nelle nostre posizioni di "cattolici" scordando il nostro essere uomini.
Morto, amici, morto.
No, Gesù non è morto. E' vivo. Non rianimato, non vivo nel nostro pensiero, no, veramente risuscitato e presente, che ci crediamo o no, che ce ne accorgiamo o no.
Da questa consapevolezza nasce la gioia cristiana.

La conversione alla gioia

La conversione al Risorto è difficile, difficilissima. Occorre allontanarsi dal proprio dolore.
Condividere la gioia cristiana significa superare il dolore che ci rende tristi. Non c'è che un modo per superare il dolore: non amarlo, non affezionarvisi. La gioia cristiana è una tristezza superata.
Ma resistenze, dubbi, mancanza di fede pesano sul nostro cuore.
Un' esperienza dolorosa nell'infanzia, una serie di eventi che ci hanno deluso possono davvero impedirci di entrare nella gioia cristiana, che non è un'emozione, ma una scelta consapevole.
Le donne, tornate dagli apostoli, non sono credute, e le loro parole "parvero loro come un vaneggiamento"!
Siamo in buona compagnia, allora, se anche gli apostoli hanno dovuto convertirsi alla gioia!
Leggeremo, nei prossimi capitoli, la fatica immensa fatta dagli
undici per staccarsi definitivamente dal loro dolore e dalla tragica
esperienza della croce e del loro fallimento... E pensare che, per loro, Gesù si farà vedere e li incoraggerà continuamente! Se hanno tribolato loro, così avvantaggiati...
Animo, cercatori di Dio, la più difficile conversione (dopo quella dal Dio che abbiamo nella testa al Dio di Gesù), è proprio quella da una visione crocifissa della fede ad una risorta!
Gli apostoli dubitano; solo Pietro va a verificare: guarda, stupito, e torna a casa meravigliato. Il verbo usato indica insieme stupore e domanda E’già qualcosa, ma non è ancora fede: non bastano un sepolcro vuoto e le bende per suscitare la fede. Occorre un'esperienza personale del Risorto. E Pietro ne sa qualcosa...

(Convertirsi alla gioia, San Paolo 2006)

Il giorno dopo il sabato

Il giorno dopo il sabato, le donne, svegliatesi di buon mattino, sono andate al sepolcro per finire il lavoro di pulitura del cadavere di Gesù, preoccupate per la pietra posta a sigillo della tomba.
Il giorno dopo il sabato, gli apostoli, dopo una notte passata a vagare nei pressi della città, si sono radunati al Cenacolo, pieni di dolore e di vergogna, di sensi di colpa e di paura.
Il giorno dopo il sabato, Caifa e Anna si sono visti per commentare la buona riuscita della festa e la gran mole di pellegrini giunti da tutto l'impero, e a immaginare una nuova organizzazione per l'acquisto del bestiame da offrire in olocausto. Poi hanno parlato di Gesù e hanno deciso di chiedere a Pilato un picchetto che sorvegliasse la sua tomba, ma Pilato, fattosi forte, si è rifiutato. Il giorno dopo il sabato, Pilato, rilassato dopo la tensione di quei giorni, e rientrato a Cesarea, scortato da un buon numero di soldati, felice della calma con cui si è svolta la festa di pasqua e della vittoria sull'arroganza del Sinedrio, che si è professato devoto all' impero. Il giorno dopo il sabato, i farisei si sono ritrovati, come ogni giorno, per ascoltare le parole di un Rabbì, e nessuno ha parlato del Nazareno. Qualcuno, però, ha notato l'assenza di Nicodemo.
Il giorno dopo il sabato, mentre i mercanti esponevano le loro mercanzie davanti alle loro botteghe, qualcuno ha visto due donne che correvano trafelate (atteggiamento sconveniente per una donna!), in direzione della collina di Sion.
Il giorno dopo il sabato, qualcuno ha detto che Yeshua bar Yosef, il Nazoreo, profeta dalla Galilea, ucciso per bestemmia alla vigilia della festa di Pesah, è risorto da morte, e molti testimoniano di averlo incontrato.
Il giorno dopo il sabato, da allora, ricorda la sua risurrezione, e i discepoli l'hanno chiamato domenica, giorno del Signore Gesù. In quel giorno i discepoli si radunano per ascoltare la Parola e spezzare il pane.
Il giorno dopo il sabato è cominciato tutto.

(tratto da: “L’ultimo si” di Paolo Curtaz, Edizioni San Paolo da pagina 327 a 331)